lunedì 16 aprile 2018

Cracovia mon amour ...primo giorno

castello di Wawel

Sveglia all’alba… sì, insomma più all’alba del solito. 
L’appuntamento alle 5.00 del mattino presso il piazzale Cappuccini: più che una ciurma spumeggiante all’idea dell’avventura che ci attendeva, sembravamo tutti degli zombie.  

Primo intoppo del viaggio: il dito mignolo di Chiara Ferrari. Nulla di grave, ma il piccolo dito dovrà sopportare qualche dolore. Per fortuna che ci sono le stampelle prestate dall'altra Chiara, la Oliveti.
Dentro il bus che ci portava verso l’aeroporto di Bergamo Orio al Serio, giusto qualche brusio che faceva capire che qualcuno non solo aveva gli occhi aperti, ma era addirittura sveglio. Si sa che gli alunni, quando sono in classe, hanno una particolare capacità di dormire con gli occhi aperti. E non stanno sognando, stanno davvero dormento con gli occhi aperti. Quando li osservo alla prima ora della giornata scolastica, mi domando spesso se questa capacità - questo riflesso condizionato scuola-prima/ultima-ora – sia stata un’abilità anche mia, da studentessa. Capacità poi sostituita negli anni con quella più produttiva di riuscire a spiegare, anche se il neurone si trova ancora tra le braccia di Morfeo: età e professione rimodulano le proprie originarie competenze.

In questo diario di bordo, tuttavia, le uniche competenze di cui è simpatico da raccontare, sono quelle trasversali sul come fare una valigia…

Ci vorrebbe un capitolo a parte, oltre che un tutorial raffinato, per spiegare che un bagaglio a mano di dimensioni non superiori ai 55x40x23 cm con peso massimo di 10 kg non può portare tre paia di scarpe (a meno che non decidi di portare solo infradito), tutto l’armadio dei jeans (blu, molto blu, poco blu, neri), piastra per capelli (si sa che l’umido li rende crespi). Una valigia, insomma, per quattro giorni ma come se si stesse partendo per lo spazio.

Domanda più frequente? Quando mangiamo!

Alle volte penso che il famoso inconscio collettivo junghiano - sugli alunni -  si sia fermato al primo o al secondo dopoguerra, o comunque in un periodo storico dove la carestia e la fame hanno segnato la vita degli uomini. Altrimenti non si spiegherebbe perché le nostri giovali leve hanno, come paura atavica, quella di restare a digiuno. 

Saliamo a bordo: il capitano della compagnia Wizzair ci da il benvenuto a bordo. 
Un’oretta di volo e siamo a Varsavia, ma è Cracovia la nostra meta: ancora 300 chilometri e siamo giunti a destinazione.

Varsavia, ad ogni modo, merita una sbirciatina: bellissima la città vecchia.
Pranzo, foto e poi si riparte: 5 ore di autobus ci aspettano. 
Il nostro autista parla solo polacco e non sembra essere la persona più simpatica di questo mondo, ma vorrei vedere chiunque guidare per ben 5 ore e forse anche più, con ragazzi esuberanti che cantano a squarcia gola rovinando, peraltro, la metà delle canzoni intonate.

Durante una sosta abbiamo rischiato di perdere due dei nostri marinai: erano tornati al bar per un Kinder Bueno... 
Freud ci avrebbe detto che  - forse - volevamo perderli! 
Per fortuna che la conta serve sempre.

Continua…

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